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di voi,» rispose Aaron, «Abdallah può negare il fatto; bisogna dunque che mi conduciate il governatore co’ suoi due cani, od io vi faccio tagliare la testa. — In nome di Dio!» sclamò Ishak di Mossul, «volesse il cielo che non avessi veduto nulla! nonostante obbedirò, Commendatore de’ credenti, e gli ordini vostri saranno eseguiti. —

«Aaron gli diede una lettera scritta di propria mano, ed Ishak, recatosi a Basra, si fece presentare al governatore, il quale: — Dio mi protegga!» sclamò; «voi certo venite per annunziarmi nulla di buono: mancava forse qualche cosa al denaro che ho mandato? — No,» rispose l’altro, «la somma era esatta; imploro il vostro perdono per avervi gettato, al par di me, in una dolorosa situazione; ma il destino aveva così stabilito.» Ed avendolo Abdallah pregato di spiegarsi più chiaramente, gli confessò l’indiscrezione commessa, seguendolo per tre notti, e raccontando quanto era accaduto sotto i suoi occhi al califfo, il quale lo mandava con una lettera di proprio pugno. — Non vi affliggete, amico,» rispose il governatore, «non ismentirò il vostro racconto, benchè lo tenessi ascoso a tutti. Vi seguirò co’ due miei cani alla corte, dovesse pure costarmi la testa. —

«Poi, fatti mettere i cani in una gabbia d’oro, si recò a Bagdad, dove fu presentato al califfo; e le bestie, baciata appiè del trono la terra, fecero mille gesti di sommissione, come per implorar misericordia. — Emiro Abdallab,» disse Aaron, «confessatemi chi sono questi due cani. — Sono due giovani di bell’aspetto e miei fratelli,» rispose Abdallah. — Come mai,» ripigliò il califfo, «possono gli uomini diventare cani? Dite la verità; sol essa vi può salvare. — Sono a dirvi l’esatta verità, Commendatore de’ credenti,» rispose Abdallah, «ed i