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— Ecco una schiava comprata da me per mille zecchini,» disse Kamar-al-Zeman al gioielliere; «guardate se vi placo,» Sì dicendo, le tolse il velo. L’altro cadde dalle nuvole riconoscendo la moglie ornata di magnifiche gioie da lui medesimo lavorate. Tra l’altre portava in dito i due anelli dei quali il giovane aveva fatto dono al marito. — Come si chiama questa schiava?» domandò egli, — Halima,» rispose Kamar-al-Zeman (era il nome della moglie d’Asti-Obeid). Il gioielliere non capiva più in sè stesso. — Mille zecchini,» disse, «è appena il prezzo de’ due anelli che porta in dito: avete dunque tutto il resto per nulla.» Furono queste le sole parole che potè proferire, chè il veleno della gelosia poco mancò non lo facesse spirare, specialmente quando vide come Kamar-al-Zeman, per meglio fargli apprezzare tutte le bellezze della schiava, le scoprì il seno ed andava toccandola colle mani. Aveva appena il giovane lasciata la bottega del gioielliere, che questi corse a casa, ma la moglie era già tornata prima di lui, ed Obeid restò colpito da sorpresa mista a terrore, trovandola col medesimo abbigliamento onde l’aveva veduta, — Non v’ha forza e protezione che in Dio!» sclamò egli, — Ebbene, di che ti maravigli? — Ora te lo dirò,» riprese il gioielliere, «se mi prometti di non andar in collera. Ho veduto una schiava comprata dal nostro amico, che pareva un’altra te stessa, tanto ti somigliava. — Come, sciagurato!» gridò la donna; «osi tu oltraggiare l’onor mio con sì vergognosi sospetti? Sarebbe possibile!... — Via, via, sarebbe possibile quant’altre gherminelle che le donne fanno ai loro mariti. — Va,» sclamò essa, «a convincerti co’ tuoi propri occhi; corri dal nostro vicino, e vedi se vi trovi la schiava. — Hai ragione,» riprese Asti-Obeid, «non v’ha sospetto che a tal prova non ceda.» Discese dunque le scale