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− Dov’è il mio pugnale?» chiese. — Nella cassetta,» rispose la moglie; «ma, mio Dio! m’avete l’aria stravolta: non ve lo do certamente adesso.» Il gioielliere insistette; allora, aperta la cassetta, essa gli presentò il pugnale. — È sorprendente!» sclamò il marito. — Che c’è mai di sorprendente? — Credeva,» riprese il gioielliere, «d’avere in tal istante veduto quel pugnale nella cintura del nostro vicino ed amico. — Avreste potuto concepire qualche falso sospetto sulla vostra sposa?» sclamò la donna; «siete un uomo indegno!» Il gioielliere le chiese perdono, e fece ogni sforzo per acchetarne la collera.

«Alla domane, la medesima scena fu rappresentata con un oriuolo che Kamar-al-Zeman mostrò al gioielliere, e che questi riconobbe per suo. Tornò all’istante a casa per assicurarsene coi propri occhi; ma la moglie, la quale aveva già riavuto l’oriuolo, glielo diede, rimproverandolo del suo carattere geloso e pieno di sospetti.

«Ma non bastava: non essendo Kamar-al-Zeman venuto alla sera, la donna mandò a cercarlo dal marito. Asti-Obeid riconobbe presso il giovane i mobili della propria casa, ma non ardì chiedere donde li avesse avuti, e quegli venne a cena da lui secondo il solito; la schiava portò i due sorbetti, Asti-Obeid in breve si trovò immerso nel sonno per effetto dell’oppio, ed i due amanti, abbandonandosi alla loro passione, pensarono ai mezzi d’indurre il gioielliere a separarsi dalla consorte. — Siccome nulla ci è sinora riuscito,» disse la donna, «domani mi vestirò da schiava: mi condurrai così alla bottega di mio marito, e mi leverai il velo, dicendogli di avermi comprata al mercato. Vedremo se questo potrà aprirgli gli occhi. —

«Il dì seguente, la donna si vestì in fatti da schiava, ed accompagnò l’amante alla bottega del marito.