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nagione. — È un giovanotto,» diceva, «le cui guance guariscono i cuori feriti da’ suoi occhi; in somma, nol so lodar meglio che col dire che vi somiglia, e se non temessi di offendervi, aggiungerei che è mille volte ancora più bello di voi.» La donna stette alcuni momenti in silenzio, ed il marito terminò di montare l’anello. — Gradirei molto che questo anello fosse mio,» disse la moglie, quando fu all’ordine; «mi piace assai. —

«Nel frattempo Kamar-al-Zertìan era venuto a consultare la moglie del barbiere su quanto gli rimanesse a fare. — Fingete,» gli diss’ella, «che l’anello sia troppo stretto; fatene un dono al gioielliere, e presentategli un altro diamante da settecento zecchini, dandogli trenta pezze d’oro per lui e due per ciascuno de’ suoi operai. Spero che le cose cammineranno a vostra soddisfazione.» Kamar-al-Zeman ringraziò la moglie del barbiere, dandole dugento zecchini, e fece quello ch’essa gli aveva consigliate. — Uf! è troppo stretto,» sclamò egli in presenza del gioielliere, fingendo di volerselo mettere in dito; «tenetelo, ne faccio un dono ad una delle vostre schiave. Montatemi quest’altro diamante, che vale settecento zecchini.» Poi gli diede trenta zecchini per lui e due per ciascun operaio. — Prendete questa bagattella,» soggiunse, «pel caffè: se finite presto il lavoro, spero sarete pago della maniera nella quale vi compenserò. —

«Stupito di tanta generosità, sollecitossi il gioielliere ad andar dalla moglie, nè sapeva abbastanza lodare il generoso forestiero. — Bisogna assolutamente,» disse,» che sia un principe od il figlio di un sultano.» E quanto più parlava, più cresceva l’amore della moglie pel giovane straniero. — Com’è leggiadro questo anello!» diss’ella, allorchè fu preparato il secondo, e si provava a metterselo in dito.