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arcieri condussero il vero assassino, da loro scoperto tra le ruine del bagno abbandonato. Recaronsi poi tutti insieme alla corte del califfo, il quale comandò di giustiziare l’omicida, e pregò Ibrahim di narrargli la sua storia. Il califfo mandò sul momento le sue guardie a cercare il pittore Abu’ l-Kassem Es-Sandelani, e fu trovato che maltrattava colle proprie mani la sventurata cugina Gemileh: l’aveva sospesa pei capelli, ed ella già stava per spirare sotto i suoi colpi. Le guardie li condussero ambedue dinanzi al califfo, ed Aaron comandò di tagliare le mani al pittore e quindi impiccarlo; sentenza che fu subito eseguita, e tutti i beni del condannato furono confiscati a pro d’Ibrahim.

«Nel frattempo giunse Abuleis, padre di Gemileh, a lagnarsi dal califfo che Ibrahim, figlio di Khasib, gli aveva rapita la figliuola. — È gran fortuna,» disse Aaron, «ch’egli abbia potuto addolcirne l’animo, poichè Dio sa qual sorte le preparava la vendetta di queste scellerato ch’era suo parente. Non consentirete voi che il figliuolo del sultano di Egitto divenga vostro genero?» Diede Abuleis il suo consenso: talchè, fatto chiamare il cadì con testimoni per istipulare il contralto, le nozze furono celebrate colla maggior pompa e magnificenza.»

La sultana tacque che già i raggi del sole irroravano di fulgida luce i reali appartamenti. Il consorte pregolla la notte seguente d’un nuovo racconto, cui ella s’accinse nei seguenti termini: