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numero degli agi della vita, e tutti gli artisti dei piaceri, cuochi, musici, ballerini, buffoni, e perfino cantanti e poeti. Schedad faceva poco caso di questi ultimi, ma ciò che più apprezzava era un’eletta e numerosa schiera di fanciulle, di cui aveva popolato il palazzo ed i giardini, tutte belle come le celesti Huri, forse men pure, ma molto più vivaci e spiritose.

«Quando tutto fu pronto per l’esecuzione del suo disegno, Schedad affrettossi a pubblicare questo strano editto, facendolo affiggere alla porta di tutti i templi:

««Schedad, Dio dello Yemen, ai nostri fedeli adoratori

salute e beatitudine.

««Essendoci proposti di superare in liberalità tutti gli altri Dei, i quali non promettono la felicità se non dopo la morte, vi facciamo noto che abbiamo creato, nella pianura d’Iram, un paradiso in cui godrete di tutte le delizie della vita presente. Noi vi ammetteremo a suo tempo quelli che, trascurando ogni superflua virtù, avranno creduto sinceramente in noi, e si saranno docilmente sottoposti alla nostra divina volontà. Vi ammettiamo, fin d’ora, e senza prove ulteriori, i nostri fortunati servi, i cui nomi sono compresi nella qui annessa lista. O popoli dell’Yemen! animatevi a seguire l’esempio ch’essi vi lasciano, e meritatevi la corona che hanno ottenuta.»»

«Questi fortunati servitori di Schedad, se si vuol saperlo, erano i più impudenti fra i suoi adulatori, i ministri delle sue violenze e lascivie, le spregevoli donne che avevano ceduto ai suoi desiderii, o quelle che, più artificiose, promettevano soltanto di cedervi; codeste, anzi, erano meglio trattate nelle promozioni. Del resto, appena questa lista fu pubblicata,