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digio ne usciste?» Abussir gli narrò come fosse stato salvato dal capitano, come avesse trovato l’anello, e come, senza conoscerne la virtù, avesse prodotta la morte de’ due provveditori. — Se fossi reo,» aggiunse, «mi gioverei di questo anello per farvi morire; ma ve lo riporto, e vi supplico di sottoporre ad una inchiesta la mia condotta, e punirmi se colpevole.» Allorchè il re ebbe ricevuto il suo anello, parve godere d’una nuova esistenza. Alzossi quindi, ed abbracciato Abussir: — Siete un modello di virtù,» gli disse; «voi solo potevate rendermi questo prezioso tesoro.» Ma l'altro insistette perchè si procedesse nel suo affare, all’uopo di sapere almeno di che fosse accusato. — Il vostro procedere,» rispose il re, «è la prova più convincente della vostra innocenza; il tintore vi accusò d’essere inviato dal re de’ cristiani, mio nemico, per avvelenarmi. — Io non ho mai veduto il re de’ cristiani,» rispose Abussir; «il mio accusatore era mio vicino allorchè io abitava nella città d’Alessandria, e poscia fu mio compagno di viaggio.» Raccontò quindi tutte le viltà giuocategli da Abukir. Il re, convinto dell'innocenza d’Abussir, comandò di condurgli il tintore, come un reo, colla testa nuda e le mani legate alla schiena. Confessò costui il suo delitto, ed il re volle che fosse posto con calce viva in un sacco e gettato in mare. Implorò Abussir la di lui clemenza a favore del compagno. — No,» rispose il re, «se voi gli perdonate, io non posso imitare il vostro esempio.» E la sentenza fu eseguita.
«— Cosa posso fare ora per voi?» domandò il re. — Il massimo servigio che mi possiate prestare,» rispose, «è di farmi condurre ad Alessandria.» Volle il re farlo suo visir, ma Abussir ricusò tal onore, e partì sur una nave carica di ricchi presenti.
«Il vento fu favorevole, e dopo felice navigazione, Abussir isbarcò nella gran baia d’Aiessandria. Il pri-