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citò sulla brillante sua prosperità; ma appena Abukir l’ebbe veduto, si mise a sclamare: — Infame birbone! quante volte non ti ho io già vietato di accostarti alla mia bottega! Date a quel miserabile cento bastonate, ch’ei non gira qui intorno se non per rubarmi.» Gli schiavi presero il povero Abussir, gli diedero le bastonate, e cento altre ve ne aggiunsero del proprio. — Che ha dunque fatto?» domandarono gli astanti. — È un ladro,» rispose il tintore; «e se mai torna a presentarsi, bisogna impiccarlo. «Tutto affranto dalle percosse, tornò Abussir assai tristo a casa, e si mise a riflettere sulla sua avventura. Alla domane, uscì coll’intenzione di andare a bagnarsi, per calmare i dolori prodottigli dalle bastonate, e domandando, al primo che trovò, dove fossero i bagni: — Di che parlate?» gli si chiese; «cos’è un bagno? — Il sito dove si va a bagnarsi. — Bene, andate al mare. — No,» riprese Abussir, «domando un bagno, un hamam1 — Non so cosa sia un hamam,» l’altro rispose; «tutti in questo paese, e lo stesso re, si bagnano in mare.—

«Convinto che l’uso dei bagni caldi non era ancora conosciuto in quella città, Abussir domandò udienza al re. — Son forastiero,» gli disse, «e maestro di bagno per professione. Mi maraviglio di non vederne in questa città veruno; non v’ha capitale in cui i bagni non siano uno de’ principali ornamenti. — Di che cosa mi parlate voi?» chiese il re; «cos’è un bagno od un hamam?» Abussir gliene fece la descrizione esatta. — Siate il ben venuto,» gli disse allora il re; «io proteggo tutte le arti, e sopra tutto quelle che contribuiscono all’ornamento della mia capitale.» Gli fece quindi dare una

  1. Nome arabo, turco e persiano dei bagni, e che poi fu dato ai bagni caldi a Londra.