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«— Figliuolo,»disse al fanciullo, «hai ragione di biasimare l’ingiustizia del re; ma sapresti tu qualche mezzo di ritrarìo dal pericolo nel quale si trova? — Sì,» rispose il giovinetto; «se il re si degnasse ascoltarmi, potrei dargli buoni consigli. Del resto, non c’è tempo da perdere; s’ei vuol rinunziare alle sue donne, son certo di salvarlo. —
«Sorpreso dell’accento deciso del fanciullo, il re riprese qualche speranza, ed informatosi della sua dimora, tornò alla reggia più calmo che ne fosse uscito. Cenò senza vedere le donne, e posta la sua fiducia in Dio, si addormentò. Alla domane, fece chiamare il figliuolo di Scimas, e gli demandò se si ricordasse di ciò che aveva promesso la sera innanzi. Allorchè il giovinetto l’ebbe riconosciuto, il re lo fece sedere alla propria tavola, e quindi conversarono tra loro. — Per qual mezzo,» chiese Vird-Khan, «pretendi tu stornare il danno onde il re straniero mi minaccia? Se me lo fai noto, diventerai mio visir ed avrai la prima voce nel consiglio — Cosa vale,» rispose il fanciullo, «darvi consigli, a voi che vi lasciate guidare dalle femmine, e faceste perire mio padre Scimas e gli altri visiri? — Il gran visir Scimas era dunque veramente vostro padre?» disse il re, turbato e confuso. Il giovinetto rispose di sì, ed il principe lo pregò di perdonargli. — Fu per acciecamento,» aggiunse, «che mi son fatto reo di quella colpa; ma se mi salvate dal pericolo nel quale ora mi trovo, vi darò la carica di vostro padre, una catena d’oro ed un magnifico corsiero; vi farò riconoscere qual mio gran visir, come il primo dopo di me; in somma, qual mio liberatore e salvatore. Non mi parlate più di donne; le abbandono, se volete, alla vostra vendetta; rassicuratemi soltanto intorno alla salvezza dello stato. - Giurate di seguire i miei consigli,» disse il giovine. Il re vi s’impegnò coi più solenni