Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/674


260


ne, e nuovamente pregaronlo di distribuire loro la porzione, dicendogli che morivano di fame se n’erano prive, ed ogni speranza riponevano nella sua lealtà e nell’amor suo per la giustizia. Dispiacque tal discorso sommamente al lupo, che volse alle volpi la schiena senza rispondere. «Non ci resta più a prendere altro partito, dissero queste, se non d’andar a portare le nostre lagnanze al leone e chiedergli giustizia.» Eseguirono il loro pensiero e: «Veniamo, dissero al leone, ad implorare la vostra protezione contro un tiranno.» Il leone, fattosi raccontare la cosa, le accompagnò all’antro del lupo, cui sbranò per rendere giustizia alle volpi.... Temete il destino del lupo, o sire! Il vostro popolo potrà trovare un vendicatore che gli renda giustizia. Seguite dunque i miei consigli, e le sagge istruzioni che v’ha date al letto di morte il padre vostro. Tali sono le ultime mie parole. — Ebbene,» rispose il re, «se Dio lo permette, domani darò udienza. —

«Appena la favorita conobbe tale risoluzione, venne a trovare il re e gli disse: — Nulla pareggia il mio stupore, allorchè veggo la cieca vostra sommissione verso i visiri, che vi conducono come loro piace, facendovi tremare dinanzi ad essi ed assoggettandovi agli ordini loro. Troppo debole è il vostro cuore; non sapete dunque che se non si ha cuor d’acciaio non si è nati per regnare? Siete divenuto nelle lor mani un istrumento passivo; invece di essere a voi soggetti, vi fanno agire a seconda dei loro capricci; vi spaventano con vani terrori, come quel ladro che empì di paura un pastore con una pelle di leone. — Contentate la mia curiosità,» fece il re; «questa storia non la so. — C’era una volta,» cominciò la favorita, «un ladro astutissimo, che aveva da lungo tempo esauriti tutti gli artifizi per rubare una pecora del gregge di certo pastore.