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sapete che cosa vi trovai? Uno squisito sorbetto, circondato di neve, in superbi vasi; giudicherete voi stessa della bontà di questo liquore, avendo dato ordine di recarvene.
«— Voi ne avete dunque gustato?» disse la principessa. — Senza dubbio,» riprese il re. «I miei ufficiali mi fecero notare inutilmente che non bisognava bere una cosa che non erasi veduta lavorare; ma faceva caldo, il sorbetto pareva così fresco, mi si presentava in guisa sì gradevole, che risi delle loro osservazioni, e ben me ne trovai: non mi venne mai servita cosa più squisita, nè che mi facesse maggior piacere.
«— Questa confessione basta, principe, e voi mi avete resa la parola che vi diedi.
«— Come? che volete dire?» ripres’egli,» alquanto sconcertato, «Faceva caldo, aveva sete; è un gran male allora il bere?
«— Ecco la sorte della vostra legge decisa,» riprese Zahide, chinando modestamente gli occhi. «Giudicatene voi stesso. Non potete dire di non essere stato sufficientemente avvertito dell’innocente astuzia tesavi da me, ed alla quale soggiaceste ad onta delle ragioni che avete per resistere. Del resto, fui io a fare il sorbetto, e son lieta che vi sia piaciuto. —
«Quando l’imbarazzo del re fu alquanto dissipato, egli non sentì più che l’influenza della bellezza e dello spirito di Zahide, e cadendo ai suoi ginocchi, le disse:
«— Io vi cedo, ma per grande che sia in me la brama di soddisfare i vostri desiderii, non posso far nulla, senza consultar prima il re dei geni; ben vedete che il consiglio non oserebbe abrogare una legge fatta dietro le istanze di questi. Pure, bella Zahide, rassicuratevi; posso in un momento farlo comparir qui. —