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taronsi a rendergli omaggio. «-«La felicità del mio popolo, disse il falcone, è il voto più caro del mio cuore, e lo governerò in modo conveniente.»-» Frattanto si pose a divorare le cornacchie, a romperne le ossa ed a cavar loro gli occhi. Pentironsi elleno allora, ma troppo tardi, del fallo commesso... Sarebbe forse così accaduto tra noi, o sire, senza la nascita di questo pegno della nostra felicità, che assicura all’impero ed alla casa vostra la durata del loro splendore. Noi siamo pieni di giubilo e di gratitudine.

«— Sire,» disse il sesto visir, «adoperaste il digiuno e le veglie per ottenere al trono un erede, ed il cielo esaudì i voti vostri. Permettete di renderne pubbliche azioni di grazie; ma in pari tempo pregheremo Dio di farle volgere al bene dell’impero; perocchè spesso gli uomini non sanno quello che desiderano. Come esempio di tale verità si ponno citare quo’ figliuoli i quali.... — Di quali figliuoli volete parlare?» domandò Gilia. — Per esempio di questa verità, diceva,» prosegui il visir, «si possono citare quei figliuoli che aveano tormentato a lungo il padre affinchè mostrasse loro cosa riponesse in una cassa che teneva sempre chiusa. Ricusò egli ostinatamente di compiacere alla loro domanda; ma un giorno, durante la di luì assenza, essi aprirono la cassa, e ne uscirono de’ serpenti che li posero a morte. —

«Il settimo visir tenne il discorso seguente: — Applaudisco a tutto quello che quest’illustri visiri, miei colleghi, dissero sull’equità e la prosperità del regno della maestà vostra. Unisco alle loro le mie azioni di grazie, e riconosco non esservi al mondo bene maggiore o maggior male d’un buono o d’un cattivo re. Ringrazio pure il cielo d’avervi conceduto un illustre rampollo, da voi, o sire, meritato colla vostra pazienza e rassegnazione, come il ragno meritò il