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primo marito, più non era che a tre giorni di viaggio dalla città dove tra breve arriverebbe. Per trarsi d’impaccio, decise d’abbandonare la casa dell’Ebreo, e recarsi in quella di Mesrur, ordinando in pari tempo alla sua fedele Hubub di farla passare per morta presso l’altro marito allorchè fosse tornato. A tal dopo, fece erigere una tomba circondata d’arbusti odoriferi, e su quella intagliare un’iscrizione, la quale diceva che Zein-al-Mevassif era morta, vittima delle violenze del marito.

«Giunse l’Ebreo, ed Hubub il condusse presso al sepolcro; quivi gettatosi egli a terra, fu tanto vivo il suo dolore, che spirò in mezzo alle convulsioni. Zein-al-Mevassif passò coll’amante la più gioconda vita, sino al momento in cui realmente discese nella tomba.»

NOTTE DCCCLXXI-CMX

STORIA

DEL RE GILIA, DEL VISIR SCIMAS,

E DE’ LORO FIGLIUOLI.

— Eravi una volta nell’Indie un re potente di nome Gilia, che governava con equità i suoi popoli, colmando di benefizi gl'infelici, ed amando i sudditi da’ quali era adorato. Settantadue vicerè governavano sotto ai suoi ordini; trecentocinquanta cadì, o giudici, rendeano nel suo regno giustizia, e sette visiri erano incaricati della cura degli affari, col loro capo o gran visir chiamato Scimas. Nel suo ingresso al ministero era questi un giovane di ventott’anni, di dolce e facile eloquenza; spiegava negli affari mirabile intelligenza, e sino dalla più tenera infanzia aveva seguito il sentiero della saggezza e della virtù