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del sigillo di Salomone. Acceso d’amore per tanta bellezza, s’inoltrò verso la giovane, e salutatala, essa gli rese il saluto con grazia incantevole. Mesrur, girando intorno gli sguardi, non iscorse che aiuole di fiori, boschetti di rose e gelsomini, freschi pergolati ed eleganti padiglioni. Bisognava passare sotto tre gallerie di colonne per giungere alla casa, che guardava sul giardino. Sulla prima galleria stava incisa questa iscrizione:

««Possa la tristezza non regnar mai in questa casa, nè affliggerne il padrone! Possa questa casa durar eternamente per aprire all’amistà le porte ospitali!»»

Sulla seconda leggevasi:

««Possa, o palazzo, abitare la felicità entro le tue mura, sinchè i tuoi boschetti echeggeranno del canto armonioso degli augelli! Possano gli abitanti tuoi esser felici, sinchè brilleranno le stelle sulla volta de’ cieli.»

E sulla terza:

«Possa, o palazzo, finchè le tue mura rifletteranno i roggi del sole, e finchè saranno avvolti nelle tenebre della notte, circondarti la gloria!»»

«Allorchè Mesrur ebbe esaminato tutto, la dama gli disse: — Chi v’ha indotto ad entrare in una casa che non vi appartiene? — La bellezza di questo giardino,» rispose Mesrur, «che ho veduto dalla porta semiaperta. Permettete che mi avvicini per contemplare più dappresso tutte le maraviglie che contiene. — Volentieri, soggiunse la dama con infinita grazia. Rapito da’ suoi vezzi, Mesrur improvvisò questi versi:

««Vidi una luna brillante nascosa dietro i gelsomini ed i fiori imbalsamati di questo giardino.

«Ho veduto il ramo di mirto celato sotto le viole, che spargono da lontano il lor profumo.

«O giardino! la sua bellezza ecclissa la tua; tutti i fiori a lei s’inchinano!»»