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cata, si pose a tirar calci e lo gettò a terra. — Non vi aveva detto,» gridò Califfo, «che non potrei stare su quel grosso asino? —

«Il gioielliere si recò dunque solo al palazzo del califfo per portargli la lieta novella, ed il pescatore tornò a casa. Giunto nel quartiere dev’era situata, si trovò circondato di gente. — Sciagurato!» gli gridarono; «or pagherai caro il rapimento di quella bella schiava. Sono venuti molti mamelucchi per arrestarti, e sono in traccia di te; per fortuna non eri qui; ma dicono che non fuggirai loro.» Intese quelle parole, Califfo si mise a correre di tutta forza, ed incontrò il gioielliere ch’erasi fermato dinanzi ad una casa magnifica. — Avete lasciata rapire la schiava!» gli disse il pescatore. — Zitto, imbecille,» gridò il gioielliere, «entra qui con me.» Era il luogo nel quale egli aveva fatte condurre provvisoriamente Forza-dei-Cuori. La trovarono circondata da schiavi e seduta sur un sofà. Subito dopo ella si recò con numeroso seguito al palazzo del califfo, già istruito dell’accaduto; ivi, la schiava baciò la terra, ed Aaron, fuor di sè per la gioia, la fece rialzare e le domandò chi l’avesse salvata. — Un pescatore di nome Califfo,» essa rispose, «e che pretende avervi avuto a compagno. Si faccia entrare.» Comparve il peccatore e baciò la terra. — Ebbene, Califfo,» gli disse Aaron, «non sei tu stato la notte scorsa mio compagno?» Comprese il pescatore quello che il califfo voleva dire, e rispose: — Sì, senza dubbio, in quanto concerne gli occhi o le orecchie, ma nulla di più.» Narrò poi tutta la sua avventura, dall’uscir dal palazzo sino al momento in cui vi era rientrato, cosa che fece molto ridere il monarca.

«— Cosa domandi in ricompensa?» disse il califfo. Il pescatore stette silenzio, ed Aaron gli fece dare cinquemila zechini, stoffe magnifiche per ve-