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«Intanto tutto era in agitazione nel palazzo del califfo, durante la sua assenza. Allorchè Zobeide, sposa e cugina del principe, ebbe saputo ch’egli erasi alla fine allontanato dalla bella schiava che da un mese lo teneva nelle sue catene, risolse d’approfittare della circostanza per vedere la rivale e vendicarsene. Ordinato dunque un gran banchetto, fe’ pregare la schiava di recarvisi per eseguire un po’ di rosica, nè Forza-dei-Cuori potè esimersi dall’obbedire agli ordini della principessa. Presi dunque i suoi istrumenti, recossi alla stanza della sposa di Aaron, senza diffidare di ciò che contro di lei si tramava. Entrò la bella schiava, e baciò la terra dicendo: — Salute alla cortina elevata ed al velo sublime di questo serraglio! salute al sangue del Profeta ed all’erede della virtù degli Abassidi! Possa Iddio prolungare la vostra felicità per tutto il tempo che il giorno e la notte si succederanno l’un all’altra!» Zobeide rimase colpita da maraviglia allorchè vide comparire una giovano di beltà compiuta, con capelli neri, colorito roseo, occhi brillanti, un volto radiante come il sole, una fronte risplendente come la luna, e sopracciglia d’un arco perfetto.

«— Sii la ben venuta, Forza-dei-Cuori,» le disse Zobeide; «mi fu detto che canti a maraviglia; dammi una prova del tuo talento.» Obbedì la giovane, e preso un cimbalo, cantò con tal dolcezza che rapì tutti i cuori; indi cambiò il cimbalo col flauto, e presto lo lasciò pel liuto. Le corde, fremendo sotto le sue dita snelle e dilicate, mandarono suoni sì armonici ed incantevoli, che Zobeide sentì indebolir l’odio ed i suoi disegni di vendetta, non potendo, in fondo dei cuore, condannare il califfo d’aver concepito sì violento amore per una creatura tanto perfetta. Ma la gelosia presto trionfò di tali sentimenti, e dessa bramava tanto più vivamente di disfarsi della rivale,