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siano, pieno d’umanità, vedendo quel cane tormentato da tutti gli altri, prese il bastone per iscacciarli. Onde dimostrargli la sua gratitudine, Alì lo accarezzò colla coda e coricossi a’ di lui piedi. Allora pensò che, ridotto alla condizione di bestia, bisognava esser cane quanto qualunque altra cosa, e che, padrone per padrone, il Persiano era preferibile all’inumano Ebreo. Restò dunque col mercante, ed alla sera lo seguì a casa, dove appena entrato il Persiano, sua figlia gli disse: — Come, padre, ci conduci un forastiere? — Sì,» rispose, «conduce questo povero cane. — Questa bestia,» ripres’ella, «è Alì Argento-Vivo, del Cairo, che il giudeo Esdra trasformò a motivo dell’abito di sua figlia; io gli restituirò la sua primiera forma, se mi vuol sposare.» A tali parole, il cane scosse la coda, e la giovane prese quel moto per un cenno approvativo. Cominciò subito l’operazione magica, ma appena ebbe principiato, la sua schiava accorse mandando altissime grida. — Padrona» le disse, mi avevate promesso di non immischiarvi in quest’arte senza consultarmi. Questo giovane che volete sposare, lo voglio anch’io, nè acconsentirò all’opera vostra se non a condizione che ci apparterrà in comune, e passerà una notte con me ed una con voi. — Che vuol dir ciò?» disse il Persiano; «e da quando mia figlia è diventata maga? — Son io,» rispose la schiava, «che la istruii in codesta scienza. Era tempo fa al servizio dell’ebreo Esdra, ed ho presso di lui impiegato bene il tempo: durante la sua assenza, scartabellava il libro di metamorfosi, e tutto ciò che imparai in quello l’ho insegnato a vostra figlia, coll’espressa condizione che non ricorrerebbe mai all’arte senza prima consultarmi. —

«Allorchè Alì ebbe ricuperata la primiera forma, raccontò la sua storia, e quanto perdutamente amasse