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lagnarsi del capriccio dell’asino. Lo riprese questi, e voltosi all’animale: — Miserabile,» gli disse, «dovrei farti subire un’altra metamorfosi, come un asino sfrontato qual tu sei; ma, credimi, non guadagneresti nel cambio. —

«La sera, rimontatolo, tornò a casa, mostrò alla finestra la veste della figlia, e si pose a cena.

«Poi, spargendo, colla tazza della quale abbiamo parlato, un po’ d’acqua sull’animale, gli restituì la prima forma. — Alì,» gli disse allora, «rinunzia al tuo insensato progetto, o ti accadrà qual cosa di peggio di quello che già provasti. — No,» rispose il giovane, «nol farò mai: o voi od io, è mestieri che uno di noi perisca; non rinunzierò mai ad impadronirmi dell’abito di vostra figlia. — Sia,» disse l’Ebreo, gettandogli addosso acqua ancora, ed Ali trovossi tramutato in orso carico di catene. La mattina appresso, l’Ebreo salì a cavallo d’un genio sotto la forma di un mulo, e recossi alla bottega conducendo seco l’orso. Comparì allora un uomo che pregò il Giudeo di venderglielo, avendo i medici ordinata a sua moglie la carne del detto animale. L’Ebreo, che non dimandava meglio di sbarazzarsene, glie lo vendette, ma mentre si stava per iscannarlo, Alì spezzò le catene, si diede alla fuga e tornò al palazzo dell’Ebreo. Questi, vedendo tornar l’ospite, risolse di fare un nuovo tentativo, e colla solita aspersione gli restituì la primiera forma. Volle il caso che la figlia del mago si trovasse presente alla metamorfosi, e vedendo un giovane sì compito, concepì amore per lui; ma quando seppe dalla propria sua bocca ch’egli chiedeva i soli di lei abiti, e non la sua persona: — Padre,» disse, «quel miserabile è un uomo da nulla.» L’Ebreo l’asperse d’acqua per la terza volta, e lo cangiò in cane. «La mattina dopo, conducendolo al mercato, tutti i cani gli latravano contro. Un mercante per-