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ciaronsi quelli su Serik, , il quale salvossi in fondo alla cucina. Il giuocatore volle approfittare del momento per impadronirsi della borsa; ma facendosi udire il suono del campanello, il pescatore scagliò il suo vaso di piombo, cui seppe meglio dirigere della volta precedente, ed Alì tornò a casa mezzo morto. Sette volte andò alla bottega senza poter riuscire nell’intento; tal ostinazione cominciò ad inquietare il pescivendolo. — Quel miserabile; » dicea, «che sette volte venne per tormi la mia borsa, potrebbe di notte introdursi in bottega e mettermi a mal partito; ben veggo che d’ora in poi bisogna che me la porti ogni sera a casa.» In fatti Alì tentò, indarno, d’impadronirsi della borsa mentre era chiusa la bottega; non gli restava dunque altra via che d’introdursi in casa di Serik. Era questo ammogliato con una negra stata schiava di Giafar il Barmecida, ed ogni sera poneva la borsa sotto il capezzale. Alì, saputolo, giunse una sera a penetrare in casa, e s’impadronì non solo della borsa, ma anche di suo figlio, e se ne andò trionfante col bottino.

«Serik erasi svegliato al romore fatto da Alì nell’andarsene, e non trovando più la borsa, sclamò: — Al ladro! al ladro!» e si mise a corrergli dietro a tutta lena. Alì intanto giunse alla casa di Ahmed-ed-Deouf, e vi era appena entrato, che Serik bussò alla porta. — Rendetemi la mia borsa ed il figlio!»: sclamò volgendosi ad Ahmed. — Ah! quel fanciullo vi appartiene!» rispose questi fingendo maraviglia; «ne sono dolente; perchè or ora mi spirò tra le braccia.» Serik dimostrò sì gran dolore, che gli fu promesso di restituirgli il fanciullo e la borsa, se voleva dare il suo assenso al matrimonio di Zeineb con Alì Argento-Vivo, del Cairo. — Adagio, adagio,» risposegli, «un consenso non si strappa colla forza. Rendetemi ciò che m’appartiene, e poi vedremo.» Gli furono restituiti ii bambino e la borsa, ed allora: — Sì,» disse,