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chiere,» disse il giovane mercante, «restituitemi i miei abiti e le mie pezze d’oro. — Oh!» riprese la moglie dell’emiro, «mi renderete conto della vostra condotta, essendo evidente che siete d’accordo colla vecchia. —

Durante l’alterco, ecco entrare il tintore ed il padrone dell’asino che li trovarono in camicia. — Dov’è vostra madre?» domandarono i nuovi venuti. — Noi non ne abbiamo,» risposero ambedue in una volta; e ciascuno raccontò la sua avventura. — Ah! la mia bottega! Ah! il mio asino! Ah! le mie mille pezze d’oro! Ah! i miei diamanti!» sclamarono l’asinaio, il tintore, il mercante e la moglie dell’emiro; «siamo gabbati.» Il giovane mercante e la dama pregarono il tintore di prestar loro qualche vestito per poter uscire di là; la moglie dell’emiro tornò a casa, ed il mercante, il tintore ed il padrone dell’asino recaronsi dal luogotenente di polizia per far la deposizione di quella trufferia. — Andate,» disse il vali, «e prima d’ogni’altra cosa scoprite la vecchia; allora mi darò pensiero di farvi restituire quanto vi ha tolto. —

«Lasclamoli seguire le tracce di Delileh, e vediamo cosa ella intanto facesse. — Noi dobbiamo,» diceva a Zeineb, «giuocare qualche tiro di nuovo genere. — Non vi esponete troppo, madre mia,» rispose la figlia. — Oh! sfido tutta la polizia a mettermi le unghie addosso.» Copertasi poi di altro abito, si sfigurò in modo che somigliava ad una schiava al servizio di qualche ricca casa, e si mise a percorrere la città in cerca di nuovi balordi. Or mentre passava dinanzi ad un superbo palazzo, situato in una spaziosa strada, vide una schiava che portava in braccio un bambino vestito di stoffa d’oro, con acconciature di perle, una catena al collo, ed in mano preziosi gioielli. Era il palazzo del sindaco de’ mercanti, al quale apparteneva il fanciullo por-