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formidabile cavaliere, se non fosse stato per vendicare i miei genitori. — In tal caso,» riprese l’eroe, «sei intieramente giustificato; ma chi sono i tuoi parenti? — Mio padre,» rispose Muradsciah, «è Gharib, re dell’irak, e mia madre chiamasi Gloria-della-Corona, figlia di Scebur, re di Persia.» A tai detti, l’eroe mandò un gran grido e cadde al suolo. A grande stento rinvenne gettandogli in volto acqua di rose, e subito: — Dov’è tua madre?» domandò. — Nella sua tenda. — Ah! figlio,» ripresagli, «che ti abbracci! conducimi tosto da tua madre.» Affrettaronsi i due geni fedeli d’andarla a preparare a quel colloquio; ma chi potrebbe dipingere la felicità de’ due sposi? Accorse anche Schmalleil, e provò giubilo estremo rivedendo il fratello. Calmati alquanto i primi trasporti, Gharih fe’ abbracciare la vera religione a suo figlio Muradsciah ed alla sposa Gloria-della-Corona. Andarono poi alla reggia per convertire Scebur; ma non volendo questi riconoscere il Dio unico di Abramo, il diletto di Dio, lo fece immantinente appiccare alle porte della città.
«Muradsciah fu proclamato imperatore di Persia e re di Dilem. Il popolo gli prestò giuramento di fedeltà e d’obbedienza. Tornato Gharib nell’Irak, vi governò in perfetta pace. Così regnarono e vissero sinchè Iddio, dei quale avevano, durante tutta la loro vita, predicato l’unità, concesse loro la palma della beatitudine ed i godimenti della felicità eterna, che noi auguriamo a’ nostri uditori e ripetiamo ancora una volta: Non v’ha altro Dio che Dio, e Maometto e il suo Profeta.»
Qui Scheherazade pose fine al lungo e maraviglioso racconto; il sultano, attonito di quelle tante avventure, le concesse di buon grado di cominciarne un altro nella notte seguente.