dissero: — Alzati, e bacia la terra davanti al re Gharib!» Rustem, obbedendo, baciò la terra, e disse: — Possa il fuoco spargere su voi la sua benedizione per tutta la vostra vita! — Cane!» sclamò Gharib;
« il fuoco è una creatura, e non è buono al più che a far cuocere la carne o ad arrostire miserabili insensati al par di te. — Ma chi è il Creatore?» domandò Rustem. — È il Dio del cielo e della terra, il Dio unico, il Dio vendicatore! — Che si deve fare per conoscerlo?» Gharib gl’insegnò la professione di fede dei veri credenti, e l’altro la ripetè sul momento. Raccontò poscia che il re Scebur l’aveva mandato con centomila uomini per condurglielo morto o vivo; — Ah!» sclamò Gharib, «così dunque mio suocero ricompensa quello che salvò la vita alla di lui figliuola! Ma come sta la principessa, e che fu di lei? — Sire,» rispose Rustem, «il re vostro suocero ha saputo da una schiava, che avevate preso anticipatamente da sua figlia qualche acconto sui diritti del matrimonio. Furibondo, corse colla spada sguainata dalla principessa, e le disse: «Come! miserabile, hai lasciato dormir teco quel Beduino, senza che ti abbia portato la dote, e senza osservare le cerimonie consuete nelle nozze? — Ma, padre mio,» rispos’ella, «tutto fu fatto d’ordine vostro, almeno così mi si disse. — Dunque egli ti ha veramente posseduta!» Tacque la principessa e lasciò cadersi il capo; il re, al colmo del furore, sclamò: «Sia strettamente legata! Si facciano comparire nutrici e levatrici!» Pur troppo divenne certo essersi i giovani amanti abbandonati senza riserva a tutti i trasporti della passione. Il re volea uccidere la figliuola sull’istante; ma la consorte gli si gettò ai piedi, e scongiurollo a, cangiare la pena di morte in una perpetua prigionia. — Non voglio lordarmi del sangue di mia figlia,» disse il re; «ma stasera sarà gettata