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birono quelli che lo seguivano, e trecentocinquanta grandi dell’impero trovaronsi in prigione prima del sorger del sole. Allorchè comparvero tutti davanti a Gharib, domandò egli: — Avete veduto i residui dell’antico vostro re alla porta del palazzo? — Sì,» risposero, «ma chi potè commettere questo assassinio? — Io,» rispose Gharib; «io ho agito per la grazia ed in nome di Dio, e voi tutti proverete la medesima sorte se osate resistermi. Io sono Gharib, re dell'Irak, il vincitore del vostro esercito; ho fatto abbracciare l’islamismo al vostro re, e vi consiglio a seguirne l’esempio.» Vedendo che non c’era da fare obbiezione di sorta, si fecero tutti musulmani. — Ora che la grazia della fede vi riempie il cuore,» aggiunse il giovane, «andate a predicare l’islamismo al popolo, ed annunziategli non esservi altra via di salute in questo mondo e nell’altro.» Il popolo abbracciò l’islamismo ad eccezione d’un piccol numero di teste ostinate che la sciabola fece balzare. Gharib ordinò poi di celebrare una festa di ringraziamento a Dio per aver loro aperta la via del cielo e toccati i loro cuori.
«Rimase quaranta giorni ancora a Cascemire, nel corso de’ quali fece demolire i templi del fuoco, ed in vece ne eresse altri dedicati al vero Dio. Colmo di presenti per parte del re, si collocò, coi compagni, sul dorso dei fedeli geni, e si fece trasportare, durante la notte, ad Omman, dove il popolo mostrò un giubilo inesprimibile rivedendolo. Di là si recò a Kufah, ove trovò il fratello appeso alla porta della città, e talmente coperto di dardi che somigliava ad un porcospino. Impiegato il resto della giornata a ricevere le deputazioni che vennero a congratularsi del suo felice ritorno, la sera si ritirò per gustare le delizie dell’harem, e passare la notte colla regina Stella-del-Mattino. Ma, all’alba, pensò al suo matrimonio con Mahadiyeh,