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spiriti ed i demoni formicolavano nella città di Marmo, numerosi quanto le foglie degli alberi e l'onde del mare. — Che cosa si deve fare, re degli uomini?» chiese Merasce a Gharib. — Se volete seguire il mio parere, re dei geni,» rispose questo, «dividerete l'armata in quattro corpi, i quali si accosteranno da quattro parti diverse alla città col favore delle tenebre, ed a mezzanotte faranno tutti insieme udire il grido: Allah Akbar! Vedrete cosa allora sarà de’ geni infedeli. —
«Fu tal consiglio esattamente seguito, ed appena si fecero udire le grida: Allah Akbar! gl'infedeli svegliaronsi colpiti da terrore, ed immaginando che già fosse in città il nemico, assalironsi l’un l’altro, e si uccisero tra loro sino al levar del sole. Allora, Gharib si pose alla testa dei geni fedeli, e sguainata la sciabola folgoreggiante, precipitossi sugli avversari, de’ quali fece orribile macello, restando Berkan ed il re Azzurro sul campo di battaglia, ed in alcune ore l’esercito degl’infedeli fu intieramente distrutto. Recaronsi Gharib e Merasce al castello Bianco, le cui mura erano di diamanti e smeraldi alternati, e vi trovarono immensi tesori.
«Non si fermò Gharib a considerare quelle innumerevoli ricchezze, ma entrato nel serraglio del re Azzurro, vide una giovane di beltà seducente, vestita d’un abito che valeva almeno centomila zecchini. Circondavanla cento giovani schiave, in abito di broccato d’oro, ed in mezzo alle quali essa brillava come la luna tra le stelle. Gharib, a cui la vista di tale bellezza aveva tolto la ragione, domandò ad una schiava chi fosse. — È la principessa Stella-del-Mattino,» rispose la schiava, «figlia del re Azzurro. — Re de’ geni,» disse Gharib, volgendosi a Merasce, «è d’uopo ch’io sposi quella giovane. — Ne siete padrone,» rispose questi, «essa vi appartiene, come anche tutti i suoi tesori ed il suo palazzo,