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gento, gli ornamenti di legno d’aloè e di sandalo; le pareti, di lucido marmo, riflettevano gli oggetti come uno specchio. Ammirarono essi con maraviglia la magnificenza dell’edifizio. Attraversati sette cortili, trovarono una sala dorata, in mezzo alla quale era un bacino circondato da animali di varie specie, che spruzzavano e vomitavano acqua da mille parti. Era il suolo coperto d’un tappeto di seta, e vi si vedevano due seggi d’oro, adorni di diamanti e di pietre d’inestimabil pregio. Merasce e Gharib collocaronsi su que’ due troni. — Quali sono adesso i vostri disegni?» chiese Gharib. — Credo,» rispose Merasce, «che dobbiamo attendere qui il ritorno dei cento maredi, a’ quali ho comandato di percorrere il paese, per cercar discoprire Berkan.» Tornarono quei maredi in capo a tre giorni, riferendo che Berkan aveva cercato asilo sulla montagna di Kaf. — Andiamo,» disse il re, «bisogna marciare incontro al nimico; saremo da esso assaliti, se esitiamo d’attaccarlo pei primi. —

«Nello stesso istante si videro arrivare i maredi che avevano accompagnato Sehmlleil nella città di Omman, e riferirono come Agib avesse trovato asilo presso Yareb, figlio di Kathan, il quale, con possente esercito, minacciava di devastare l’Irak. — Pel Dio vivente!» disse Merasce a Gharib, «vi accompagnerò a casa, e vi renderò i vostri stati, ne potete esser certo; ma prima, marciamo alla montagna di Kaf.» Gharib ringraziò l’alleato per le benevole di lui intenzioni, e subito la mattina dopo si misero in via per assaltare il castello Bianco e la città di Marmo. Questa città era fabbricata da Burik, figlio di Faki, padre dei geni. Aveva egli fatto costruire un palazzo tutto d’argento, onde gli venne il nome di castello Bianco. Allorchè non ne furono più lontani d’una mezza giornata, mandarono esploratori innanzi, e questi tornarono a riferire che i geni, i maredi, gli