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crollando sul tenur parte del soffitto della sala, estinse il fuoco, e riempì di cenere e polvere tutto l'appartamento. Allora Gharib sclamò: — Dio è grande! egli confuse gl’infedeli! Dio è grande! più grande di quelli che, ad onta sua, adorano il fuoco! — Bisogna,» disse Merasce, « che siate maghi per produrre simili avvenimenti: ma non eviterete la mia vendetta, e perirete sul fuoco, lo giuro! —

«Allora comandò di metterli ai ferri, e gettarli in prigione; ingiunse poi a cento maredi di abbattere una selva intiera per innalzare il rogo. Si pose quindi in marcia, seduto sur un trono d'oro portato da un elefante; i geni della sua guardia gli camminavano ai fianchi in due file. Fu dato fuoco al rogo, ma mentre si stava per gettarvi Gharib, ecco d’improvviso alzarsi da ponente una nuvola immensa, scoppiare sulla pira, e torrenti di pioggia estinguere il fuoco. Merasce, colto da terrore, tornò alla reggia, ed adunò i visiri per consultarli intorno a quel fatto. — Che cosa pensate,» chiese loro, «di questi due stranieri? — Crediamo,» risposero, «che la ragione stia dalla loro parte. — Lo pensava anch’io,» riprese il re, «poichè se il fuoco fosse il Dio onnipossente dell’universo, avrebbe potuto difendersi contro le pietre che l’hanno annientato e contro la pioggia che lo spense. Voglio ormai adorare colui che ha creato il fuoco, la luce del giorno e le tenebre della notte: acconsentite? — Noi partecipiamo in tutto,» risposero i visiri, «alla vostra credenza e religione. —

«Merasce si fece condurre dinanzi Gharib e Sehmalleil, li abbracciò colle sue quattro teste, ed invitolli a sedere, Gharib alla destra, Sehmalleil alla sinistra. I geni affollavansi intorno ad essi per baciarne le mani ed i piedi, ed il re e tutta la corte si fecero musulmani, gridando: — Non v’ha altro