Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/529


119


gante, «tocca a Gemerkan a render conto della sua morte; quanto a me, non ho fatto che arrostirlo e mangiarlo, avendo gran fame.» A simili detti, montò Geland in tal furore, che gli uscirono gli occhi dalle orbite, e comandò al carnefice di fargli balzare la testa. Inoltrossi il manigoldo, ma il gigante, strappatagli di mano la mazza, gli spezzò d’un primo colpo la testa, e slanciossi contro il re, il quale riuscì appena a trovar scampò nella fuga. Poscia, percuotendo a destra ed a sinistra, si aprì in tal guisa il varco non solo attraverso le guardie, ma eziandio per mezzo al campo nemico, e tornò a' suoi che, al rivederlo, risentirono la più viva gioia.

«Tornato Geland a sedere sul trono, disse: — Pel sole e per la luna, per le tenebre della notte e le stelle che la rischiarano, fu con estremo stento che uscii di mano a quel divoratore d’uomini! mi avrebbe sicuramente trangugiato se non avessi potuto fuggire! Ma domani, miei bravi, bisogna vendicarci! —

«Da parte sua, Gemerkan animò il coraggio delle sue truppe, disponendole all’assalto che proponeasi di dare la domane all’esercito degl’infedeli. Le due parti si diedero al riposo, ed ai primi albori schieraronsi in battaglia. Stava Gemerkan fuor delle file per aprir la pugna, allorchè un immenso nembo di polve oscurò il sole, e vi si vedevano risplendere in mezzo elmi, lance, sciabole e fornimenti di cavalli. A tal vista fermatesi le schiere, mandarono alla scoperta. Era il re Gharib in persona, il quale, con tutto il suo esercito, veniva in aiuto de’ credenti, che, lieti di rivederlo, lo sollevarono sur un trono, e prosternatisegli a’ piedi, gli raccontarono la vittoria riportata sugl'infedeli e la prigionia del gigante. — Fatevi coraggio, » lor diss’egli, «mettete la vostra fiducia nel Signore, e pregatelo di concedervi la vittoria. — Voi dovete ben