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renti di Gemerkan. — Andate ad annunziar loro l'Islam, » gridò Gharib. «Abbraccianlo? tanto meglio per essi! altrimenti, la clava li metterà del nostro partito!» Balzò il neofita a cavallo, ed avanzatosi lor incontro, appena lo videro, messo il piede a terra, vennero a fargli le loro congratulazioni sulla sua liberazione. — Ascoltatemi, » gridò egli; «chi mi obbedirà sarà salvo, ma chiunque disobbedisca, l’uccido con questo ferro! Siete disposti ad obbedirmi? — Sì, » risposero, «non abbiamo mai avuta altra volontà che la vostra. — Sta bene! allora dite: Non v'ha altro Dio che Dio, ed Abramo è il diletto di Dio! — Cosa significano queste parole?» chiesero coloro. Germerkan spiegolle e raccontò come fosse stato convertito al nome di Dio onnipotente e del suo diletto, il che annunziava essere questa religione la vera. Naturalmente il popolo non seppe resistere a sì manifesto argomento, e tutti fecero la professione di fede dell’islamismo, rinnovandola alla presenza di Gharib, il quale: — Andate, » disse, «e convertite il resto della vostra tribù; poi me li condurrete tutti nella città di Kufah. —

«Allorchè Gharib fu tornato alla sua capitale, seppe dalle spie che il fratello erasi rifuggito presso Geland, figlio di Berkar, sovrano della città e del paese di Omman. Ordinò quindi all'esercito di recarvisi in tre giorni di marcia. Pregollo Gemerkan di unirlo alla spedizione con ventimila de’ suoi ed il serraglio dell’emiro Mardas. — Va benissimo, » disse Gharib, «voi rappresenterete l’antiguardo; mettetevi subito in cammino per Omman. —

«Dati i suoi ordini, riconobbe Gharib, fra le donne prose da Gemerkan, la cara Mahadiyeh. Fu per ismarrirne i sensi, abbracciò la sua diletta, se la strinse al seno, e la condusse nell’interno del palazzo. «La domane mattina, montato sul trono, nominò