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singolar tenzone i cavalieri nemici, e tosto uscito come un lampo dalle schiere avversarie un guerriero, ebbe però a mordere in breve la polve, poichè la lancia di Damigh trapassollo da parte a parte. Parecchi altri cavalieri, che lo seguirono, ebbero la medesima sorte. — Perchè, » gridò allora Agib, «vi fate uccidere inutilmente ad uno ad uno? Alla pugna di nuovo!» Subito gli squadroni precipitansi sugli squadroni, il sangue scorre a torrenti, i valorosi cadono, dannosi alla fuga i codardi; la notte sola pose un limite ad una strage che doveva rinnovarsi al sorger dell’aurora. Ma impadronitisi i credenti di una porta della città, Gharib fe’ salire sulla cima di una torre vicina un banditore per annunziare ch’egli perdonava a tutti quelli i quali rinunziassero al culto degl’idoli; proclamazione che rapidamente si sparse ovunque, e la città intera abbracciò l’islamismo.
«Tutti gli abitanti deposero le armi e vennero a professare la fede in presenza di Gharib, il quale s’informò di Mardas e di sua figlia Mahadiyeh, e seppe ch’eransi ritirati dietro la montagna Rossa. — Va, o fratello, » disse a Sehmalleil, «va a trovare tuo padre.» Il giovane guerriero, balzato immantinenti in sella, prese una grossa lancia, e si mise in via per andar in traccia della montagna Rossa, ma non potè scoprire nessuna orma della sua famiglia. Però un vecchio dalla lunga barba canuta gli disse che l’emiro, all’avvicinarsi di Gharib a Kufah, era colla sua famiglia fuggito senza che si sapesse dove. Sehmalleil tornò a Kufah per riferire la poco soddisfacente scoperta al fratello, che ne rimase afflittissimo; ma trovandosi allora tranquillo possessore del trono paterno, percorse il paese per iscoprire alcun indizio di Mardas e di sua figlia, e cercare Agib, sparito sin dall’ultima battaglia.
«Un giorno che Gharib era andato a caccia in-