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«L’aceto che gli si spruzzò in volto, lo fece infine uscire dall’assopimento; ma spaventato dal vedersi in potere del fratello, non pronunziò un solo accento. Gharib comandò che gli si facessero subire i più crudeli tormenti. D’improvviso, il campo nemico risuonò delle lodi di Dio e della professione di fede dei veri credenti, — Va, » disse Gharib a Sehmalleil, «corri a vedere cosa significhino que’ cantici.» Era Damigh che veniva a raggiungere l’esercito del nipote, ed in pari tempo conduceva in suo aiuto un corpo di ventimila uomini, i quali, intuonando per canto di guerra: Non v’ha altro Dio che Dio, ed Abramo è il suo diletto! piombati sulle truppe di Agib, ne facevano orribile carnificina.

«Andò Gharib incontro allo zio, e riunendo le loro forze, finirono di sconfiggere gl’infedeli; ma allorchè si volle giustiziare Agib, non lo si rinvenne in verun luogo; chè trovato modo, per mezzo del suo fedel servitore, d’ubbriacare le guardie, erasi dato alla fuga, ma estenuato per le sofferte torture, Sesciar fu costretto a caricarselo in ispalla, portandolo così per due interi giorni sino a Kufah, dove sperava di trovar i mezzi di raccogliere un nuovo esercito. Giunto felicemente colà, fe’ chiamare parecchi medici per guarirlo de’ suoi patimenti, indi consultò il divano intorno ai mezzi di mandare nuove truppe contro il nemico.

«Intanto Gharib, per mezzo delle sue spie, seppe che Agib era giunto alla propria capitale ed occupavasi a radunare nuove forze. L’esercito de’ credenti si mise perciò subito in marcia verso Kuhaf, e venne ad accamparsi in faccia agl’infedeli.

«Alla domane, fatta la preghiera della mattina, Gharib fe’ dare ne’ cimbali: indossarono i cavalieri le corazze, ed i corsieri focosi battevano impazientemente il suolo. Avanzatosi Damigh tra i due eserciti, sfidò a