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rispose questi, «ne ho una cisterna piena di squisito.» Se ne fece portare, e si passò il tempo abbandonandosi ad ogni sorta di piaceri. Intanto Gharib, rammentando il proprio amore per Mahadiyeb, improvvisò questi versi:

«Rammento i giorni felici che presso di te passai, ed a tal ricordanza il mio core tutto si accende.

«Mille saluti, mille preci, mille voti per te, o sovrana dell’anima mia! per me, io sospiro, languo e moro!»

«In tal guisa passarono tre giorni in quel sito, gustando piaceri e diletti continui. Il quarto, Gharib disse al fido Sehmalleil: — Prendi teco cento cavalieri, e va ad invitare tuo padre che venga qui, dove ogni giorno lo tratterai splendidamente; nel frattempo, io condurrò la principessa al re suo padre. E voi, »soggiunse, rivolto al gigante, «co’ vostri figliuoli custodirete il palazzo; poichè se il padre di Fakhartadj vi vedesse, voi rapitore di sua figlia, potrebbe venirgli voglia di banchettare della vostra carne e bere nel vostro cranio. Perciò è meglio che restiate a casa.» Sorrise il gigante. — Vengano, » rispose, «tutti i popoli della Persia e del Dilem, e farò loro bere la coppa della morte! — Per evitar dispiaceri, » disse Gharib, «resterete a casa. — Udire è obbedire, » risposo il gigante. Sehmalleil si pose in cammino per tornare alla sua tribù, e Gharib si diresse verso la Persia, per rendere al padre la principessa. Aveva quel re provata vivissima inquietudine non vedendo la figliuola tornare dal monastero del Fuoco, ed avendo quaranta visiri, il più anziano de' quali chiamavasi Vidam: — Presto, mio caro Vidam, » gli disse, «spedite un corriere al monastero del Fuoco per sapere cosa sia avvenuto a mia figlia che le impedisca di tornare.» Partì il corriere sul momento, e giunse al chiostro; ma i reli-