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paese v’ha un grande monastero, chiamato il monastero del Fuoco, dove tutte le giovani si recano una volta all’anno per dedicarsi a certi esercizi religiosi per un mese intero. Io era in via per trasferirmi colà accompagnata da una scorta, quando caddi negli artigli di questo gul. — Non temete, principessa, » disse Gharib; io vi ricondurrò a casa vostra.» Quindi ritiratosi per riposare, alla domane l’eroe, il gigante ed i figli di lui fecero la loro preghiera del mattino composta di due rikaat, secondo il precetto di Abramo. Allora Gharib, voltosi al gigante, gli disse: Vorreste mostrarci le maraviglie della Valle dei Fiori? — Volentieri, » rispos’egli. La principessa e le sue schiave, Gharib ed i compagni salirono a cavallo, e durante quel tempo il gigante fece preparare dalla sua gente un superbo banchetto.

«Giunti al luogo ove tendevano i loro passi, stupirono all’aspetto delle seducenti maraviglie di sì bella valle. Uccelli di mille specie deliziavano gli occhi colle brillanti penne, e l’orecchio coi melodiosi gorgheggi. La rosa ascoltava attenta i lamentevoli accenti dell’usignuolo; le colombe e le pernici parea che conversassero insieme. Per tutto l’anno, gli alberi erano carichi di frutta; gli aranci splendeano in mezzo alle foglie come la luce d’una fiaccola, ed i datteri stavano sospesi in ghirlande dorate. Potevasi dire con un poeta:

«Allorchè gli augelli udir fanno i lor canti, ne sono scosse le foglie degl’alberi.

«Respirasi qui l’aere del paradiso; qui si trova tutto ciò che lo compone: frutti olezzanti, ombre fresche, limpide acque.»

«Al vedere tante bellezze, Gharib, trasportato fuor di sè, fece erigere la tenda della principessa, ed ordinò che s’imbandisse il pranzo. — Non avete vino?» chiese al gigante. — Vi domando perdono, »