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fosse scorso il tempo del lutto. — Sono formalità vane delle quali mi prendo poco pensiero,» rispose il tiranno; «bisogna che la principessa si arrenda a’ miei voleri in questa medesima notte.» Conforme agli ordini suoi, fu steso il contratto di matrimonio, e fatta conoscere alla principessa la volontà del nuovo monarca. — Venga!» rispose colei; «son disposta a riceverlo.» Avendogli prodigati i segni d’una finta tenerezza, gli presentò una tazza di sorbetto avvelenato che gli diè la morte; poscia, impadronitasi dell’anello e del sacco magico, spezzò il primo e lacerò il secondo, affinchè niuno per l’avvenire facesse cattivo uso della potenza di quei due oggetti.»

NOTTE DCCXXI-DCCXCIII

STORIA

DI AGIB E DI GHARIB1

— Il re Kendemar, che regnava un tempo a Kufah, ebbe in sua vecchiaia un figlio chiamato Agib, cioè Maraviglioso, essendo di straordinaria bellezza. Non

  1. Questa novella, della quale pare che sia stata origine un'antica storia persiana, sotto la penna del traduttore o compilatore arabo, divenne una satira contro la credenza dei geni dal Corano consacrata, ed un’ironia perpetua dei compelle intrare dell’islamismo. Bisogna parlare il linguaggio degli iman e del dottori della legge, chi vuol mettersi al sicuro dall’odio loro altrettanto implacabile quanto pericoloso. Noi non conosclamo opera veruna nella quale i Musulmani, che non si sono lasciati acciecare dai pregiudizi, abbiano osato attaccare apertamente l’apostolato; e la presente produzione d’un fiiosofo arabo che prende la maschera d’un narratore di storie per combattere impunemente il fanatismo della religione, diventa anche sotto questo solo rapporto sommamente curiosa. Del resto, il traduttore arabo imitò in alcuni siti, ma con pochissima felicità, il celebre romanzo di Antar.