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L’emiro andò a gettarsi appiè del trono cogli occhi ammaccati e la schiena rotta dalle percosse; il re, trasportato dall’ira, mandò prima cento, poi dugento, ed infine trecento soldati, ma furono tutti malconci dal capo degli eunuchi, che non volea comportare veruna violenza. — Sire,» disse il gran visir, «non giungeremo mai al nostro scopo per mezzo della forza; voglio presentarmi io medesimo come messaggero incaricato di parole di conciliazione. —

«Vestito di bianco e senza scorta, presentossi il visir alla porta del palazzo, e salutato il capo degli eunuchi, lo pregò di annunziare al suo padrone come ei venisse da parte del re con un messaggio. Giuder comandò di far entrare il visir che soddisfece alla sua missione, ed egli lo congedò, facendolo prima vestire d’un abito che, per ricchezza, superava tutto ciò che il re avesse mai avuto di più prezioso nel suo tesoro. Inteso dal monarca il rapporto del visir: — È ancora più potente sovrano di me,» sclamò; «voglio sull’istante andar io pel primo a fargli visita.» Salì a cavallo, e circondato dalle sue guardie, recossi al palazzo di Giuder, il quale, istruito appena dell’arrivo del re, ingiunse al genio dell’anello di condurgli un reggimento di guardie riccamente vestite, e disporle in ispalliera nella corte del palazzo. Fremette il re vedendo l’aspetto guerresco di quella guardia, e passando tra le due file di soldati, entrò in una sala, dove sur un trono era seduto Giuder; questi non si alzò per riceverlo e nemmeno lo fece sedere. — Signor re,» gli disse, «è agire in modo indegno delle persone del vostro grado, il maltrattare la gente senza alcun motivo, e spogliarla.» Il re, naturalmente pusillanime, turbossi assai per l’accento severo, con cui Giuder gli volse quel rimprovero; e scusandosi alla meglio, si lasciò l’altro pre-