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gettarvi le reti, allorchè vide avvicinarsi un Mogrebino1 sì ben avvolto nel mantello, che non se gli vedeva se non un solo occhio; riccamente bardata n’era la mula, e portava in groppa un sacco da viaggio; colui salutò il pescatore, che gli rese il saluto. — Giuder,» disse il Mogrebino,«se ti trovi in bisogno, ti prometto di soccorrerti e colmarti di beni, nè ti chiederò altra ricompensa se non di prestarmi un servigio. — Parlate,» Giuder rispose; «sono a’ vostri comandi. — Or bene, comincia dunque a dire un fatihah2.» Lo recitarono assieme, e quindi il Mogrebino, tratta dalla valigia una cintura di seta: — Fammi il piacere,» disse a Giuder, «di legarmi al braccio questa cintura e gettarmi nel lago. Se a capo d’alcuni istanti, vedi comparire sull’acqua una delle mie mani, getta in quel sito le reti, e riconducimi a riva: ma se vedi apparire un piede, è segno che son morto, ed allora, prendendo la mia mula insieme alla valigia, vanne al bazar, domanda del giudeo Schemsa e dagli la mula per la quale ei ti conterà

    ron, sul quale trasportavansi i morti per sotterrarli nella pianura di Sacara: è questa l’origine della favola di Caronte e della sua barca.

  1. Intendesi per Mogrebino un abitante della parte occidentale dell’Africa, che porta di nome di Mogrib.
  2. Chiamasi fatihah il primo capitolo del Corano, perchè principia con tale parola. È appunto come noi diciamo recitare un Pater o un’Ave Maria. Ecco la traduzione di questo capitolo:

    In nome di Dio clemente e misericordioso.

    «Lode a Dio, signore di tutte le cose. Essere buono e misericordioso per eccellenza, giudice del giorno estremo! O Dio, tu sei che noi adoriamo, tu da cui imploriamo aiuto. Deh! ci conduci nella retta via, in quella via che seguono coloro che tu hai ricolmi de’ tuoi favori, coloro contro i quali non è accesa l'ira tua, e che non vanno smarriti!»