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bunale in tribunale, e di giudizio in giudizio, spesero tutti e tre l’eredità del padre. I due fratelli, la cui anima era spoglia d’ogni generoso sentimento, attaccarono la madre, e la spogliarono della parte accordatale per suo dovario. Venuta essa a trovare Giuder per lamentarsi dell’infelice sua sorte, fece questi ogni sforzo per consolarla, e le rappresentò che non poteva ricorrere contro i fratelli davanti a verun tribunale, non possedendo più nulla, talchè dovevano rassegnarsi amendue a soffrire con pazienza.

«La madre, commossa della tenerezza del figlio, risolse di passare con lui il resto della sua vita, ed ogni giorno vivevano dei benefizi della Provvidenza. Giuder recavasi colle sue reti ora al mare di Birkah, ora a quello di Bulak, oppure al Vecchio Cairo per guadagnarsi il vitto, facendo il pescatore. Così provvedendo alla propria esistenza, prendeva la massima cura che nulla mancasse alla madre. Quanto a’ due fratelli maggiori, essi ebbero in breve sciupato quanto avevano tolto alla madre, talchè si videro ridotti a vivere d’elemosine come miserabili accattoni, e talvolta venivano, in assenza di Giuder, a chiedere alla madre stessa un tozzo di pane. Questa, non potendo soffocare i sentimenti della natura verso i figli, benchè ingratissimi, dava lor da mangiare, e li faceva allontanare prima del ritorno dell’altro figliuolo, onde non accenderne l’ira. Giuder sopraggiunse un giorno che i fratelli trovavansi tuttora a mensa: la madre non disse una sola parola, per tema d’inquietarlo; ma egli, lungi dal mostrarsene malcontento, strinse i fratelli tra le braccia, e si lagnò che nol venissero a trovar più di frequente: condotta generosa che li riempì di turbamento e di confusione. Giuder disse loro mille cortesie, e li costrinse in fine a restar la notte presso di lui: vi rimasero poi non solo quella, ma ancora le notti seguenti. Giuder usciva