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la nostra padrona; ma non potè pazientare, e la sua temerità fu punita. Da quel tempo i nostri cuori sono coperti di surmè 1, e tutti i nostri piaceri involaronsi con lui: ma non possiamo sperare di riverderlo, e quanto dobbiamo desiderare, è che la sua memoria si sperda per sempre.

«— Come poss’io credere,» riprese Zahide, «che la principessa abbia conservata per quello straniero una rimembranza sì viva? I piaceri di codesto giardino, le bontà ch’essa dimostra a tutti coloro che il canestro conduce di continuo alle di lei ginocchia, si oppongono al racconto che mi fai.

«— È facile il risponderti,» rispose Monna; «non vengono sempre stranieri: anzi, già da qualche tempo sono assai rari, e la principessa non aveva mai tanto aperto il giardino delle sue bontà quanto allo straniero onde mi sembri occupato. È vero che meritava tutto che potevasi accordargli: le mie compagne l’hanno ancora presente al pensiero, e ne parlano sempre; tu solo potrai profumare l’anima mia di egual olezzo, se corrispondi alle mie brame.

«— Continua il tuo racconto,» interruppe Zahide. «La principessa non aveva dunque dimostrata mai ad alcun altro tanta bontà?

— No, certo,» riprese Mouna; «ella si contentava, per lo indietro, di mostrare le sue bellezze, di farne ammirare gli effetti come un astro benefico, di volgere o lasciar cadere qualche sguardo de’ suoi begli occhi languidi, e permettere talvolta di bere alla sua salute; ma accordava di rado quest’ultimo favore; infine diceva talora qualche parola lusinghiera e cortese. Da quel tempo ha diminuito di molto i suoi favori, e

  1. Il surmè è un color nero, di cui le Orientali pingonsi sovente le sopracciglia e che serve loro d’allegoria per la tristezza ed il dolore.