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palazzo, la cui corte ora piena d’armi di tutte le specie, sospese ad auree catenelle. In una sala stava un trono d’avorio e d’oro, intorno al quale vedeasi disposta una folla di personaggi, che più non erano se non altrettante mummie. Non sapeva l’emiro Mussa saziarsi d'ammirare la bellezza e magnificenza dell’edificio. Tutto all’intorno, sulla parte superiore della cornice, correva un’iscrizione a lettere d’oro su fondo azzurro, che conteneva precetti di morale, in versi, non meno sublimi di quelle che leggevansi sulle tavole di marmo. Ecco all’incirca il contenuto dell’iscrizione:

«Viandante, prima di andar oltre, considera questi luoghi!

«Viaggiatore, pensa che non fai se non un semplice pellegrinaggio!

«Fate provvigione di buone azioni e pensate che niuno rimase a lungo in questo soggiorno passaggero.

«Han fatto erigere immensi palazzi. A che servirono? Adunarono tesori. E quale utilità ne hanno ricavata?

«Dove sono quelle beltà i cui vezzi erano passati in proverbio? Appassirono come la rosa; quel vivace colorito prese il color della cenere. Addormentaronsi radianti di splendore e di freschezza; si risvegliarono quali mummie!»

«— Ahi! si risvegliarono quali mummie!» sclamò l’emiro. «Qual verità in questo pensiero! com’è penetrante! —

«Entrarono quindi in una sala, ai cui quattro angoli trovavasi un gabinetto. Stava nel mezzo una gran vasca di marmo con zampillo d’acqua, al disopra della quale spiegavasi un padiglione di superba stoffa, in cui l’oro non era più risparmiato che sopra le altre tappezzerie dell’appartamento. Quattro canali conducevano l’acqua nella vasca, e l’acqua di ciascuno era di diverso colore: il letto del primo era di granito rosso, di smeraldo il secondo, d’alabastro il terzo, ed il quarto di marmo nero. Visitarono poscia il primo gabinetto, pieno d’oro, d’argento, di perle e di gemme. Nel secondo stavano armature magnifi-