Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/466


56


rava intorno ai mezzi di penetrare nella città. — Che risolveste?» chiese l'emiro. — Siam d’opinione,» rispose Talib figlio di Sehl, «che n’è d’uopo servirci di scale, non essendovi porte in questa città. — È un ottimo mezzo,» risposo l’emiro; «vi pensava già da tengo tempo, allorchè condussi i falegnami ed i ferrai.» Si posero questi immantinenti all’opra, e ci volle non meno d’un mese onde fare una scala maravigliosa per solidità; quando fu finita, l’emiro Mussa disse: — Chi di voi salirà pel primo? — Io,» rispose un falegname. Salì infatti la scala, ma giunto all’ultimo gradino, diè un alto strido, e lo si vide cadere dall'alto delle mura entro la città. — Ecco una bell' avventura!» sclamò Mussa. «Non v'ha ragione perchè non accada ad un altro ciò che accadde al primo. Secondo me, quello che abbiam di meglio a fare è di lasciar stare la città di Bronzo, e tornar indietro.» Ma i legnaiuoli e ferrai trovavansi pieni di sì bell’ardore, che vollero ad ogni patto tentane l'impresa ad uno ad uno. Dodici vi salirono successivamente, e tutti ebbero la medesima sorte. — Ben veggo,» disse lo sceik Abdos-Samed, «ch'io sono il solo che vi possa ascendere.» Fece l’emiro ogni sforzo per dissuaderlo, ma lo sceik s’ostinò nel suo disegno; laonde avvicinossi alla scala proferendo queste parole: — In nome di Dio!» o ad ogni gradino recitava una nuova preghiera. Giuntolo cima, continuò a pregare, ed infine lo si udì sclamare-: — Non temete nulla! sono al sicuro dal pericolo della tentazione; veggo là dodici beltà incantevoli, sulle quali coloro che mi precedettero volsero sguardi di concupiscenza, ed ecco ciò che produsse la loro caduta; ma quanto a me, non m’indurranno in tentazione.» Si pose poi a camminare sulle mura da una parte e dall’altra, e giunse in un sito tra due torri, dove congetturò che dovesse esistere una porta;