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illusioni; esse precipitano nell’abisso chi si lascia allucinare.

«Io aveva nelle mie scuderie mille generosi corsieri; sposai mille bellezze seducenti sorte da sangue reale, e che mi resero padre di mille principi coraggiosi come leoni: vissi mille anni; possedeva tesori immensi, popoli innumerevoli: credeva che la mia potenza durasse eterna sopra la terra, allorchè d’improvviso si fece udire una voce terribile, che mi annunziò i decreti irrevocabili di Dio, ogni giorno la morte raddoppiava le sue stragi e mieteva i miei popoli. Allora feci scolpire le iscrizioni che leggeste all’ingresso di questo edifizio sui sarcofaghi de’ miei servi. Il mio palazzo divenne l'asilo della morte, e non era più abitato che dai becchini.

«Allora radunai il mio esercito; un milione di cavalieri salirono in sella armati di sciabole fiammeggianti e di lance formidabili. — Difendetemi, dissi, loro, bravi guerrieri, contro gli assalti della morte. — Come io potremo noi, risposero, se tutti coloro che varcano la soglia del tuo palazzo ne divengono preda!... Feci allora estrarre dal mio tesoro mille casse, ciascuna delle quali conteneva mille quintali d’oro, d’argento e di gioie. — Vedete tutte queste ricchezze? dissi a loro di nuovo; son vostre se mi comprate pane per un sol giorno, e me lo portate nel palazzo... Ma nessuno volle passare la soglia.

«Allora mi rassegnai alla mia sorte, ed attesi l’ora estrema. Il mio nome è Kousch, figlio di Scedad, figlio di Aad-il-Grande»

L’emiro Mussa ed i suoi compagni non seppero frenare il pianto ed i singhiozzi, tanto furono commossi da quelle sublimi verità! Continuarono le loro ricerche, e giunsero ad una camera dove trovavasi una tavola intarsiata, sulla quale ecco cosa lessero:

«A questa tavola sedevano altre volte, ogni giorno, mille satrapi ciechi e mille con buonissimi occhi: ora nè que’ ciechi, nè quelli che godeano della vista non veggono verun oggetto nella tomba.»

«L’emiro Mussa trascrisse quelle parole sulle sue tavolette, e non portò via dal palazzo che quella tavola, alla quale mangiavano giornalmente due mila persone. Raggiunta quindi la carovana, proseguirono la strada, ed in capo a tre giorni, giunsero ad un vasto monumento, sul quale stava un cavaliere di bronzo