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compagni di viaggio, quelle ampie sale tutte abbandonate e silenziose, giunsero all’immenso salone coperto dalla cupola, e nel quale ergeansi quattrocento sarcofaghi di marmo e granito: l’emiro Mussa, che intendeva il greco, lesse sopra uno di essi:

«Di quanti avvenimenti non son io stato spettatore!

«Di qual gloria sfolgorante, di quale splendida fama non ho io goduto!

«Quante città non ho conquistate! Quante leggi non diedi!

«Conservati l'anima: godi della vita prima che venga a coglierti la morte!

«Demani essa ti rapirà, e risponderà a coloro che ti chiameranno: È morto!»

«Tale iscrizione trasse le lagrime a tutti gli astanti, i quali accostaronsi quindi ad una specie di oratorio, che giaceva in mezzo alla cupola ed aveva le porte di legno di sandalo coperte d’iscizioni in lettere di diamanti. Vi si leggeva quanto segue:

«L’ebbrezza del godere è passato come il deliro della febbre. La morte mi ha sorpreso, senza che abbia potuto respingerla, senza che i miei eserciti, nè i miei cortigiani abbiano potuto difendermi contro di lei.

«Non abbandonarti al mondo quand'anco spiega a’ tuoi sguardi tutta la sua pompa. Ecco come tratta quelli che a lui si abbandonano.»

«E nuove lagrime, a tale iscrizione, piovvero dagli occhi dei viaggiatori. Entrati nell’oratorio, trovarono un sepolcro stupendo, sul quale lo sceik Abdos-Samed lesse quest’epitaffio:

«In nome di Dio unico, eterno, immutabile, che non fa generato, che non genera, che non ha eguali!

«In nome di Dio signore della forza e della potenza; nel nome di Dio che mai non muore!. — Impara, o viaggiatore, che percorri questi luoghi, impara, dal mio esempio, a non insuperbirti del mondo e delle sue pompe! È uno splendore fallace, un vano sogno, un perfido fantasma, che riempie di sete ardente coloro che lo seguono come una fonte d’acqua. Non vi lasciate abbagliare dallo splendore delle sue