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conservò l’altro per sè. Il visir, bevuto il suo, gonfiossi in guisa sì straordinaria, che divenne grosso come un elefante, e non si poteva movere in alcun suo membro. Così verificossi il proverbio: «Chi scava la fossa pel suo fratello, vi cade pel primo.»

«Rimase Giamaspe tutto attonito vedendo l’effetto di quel beveraggio, e sulle prime temè di bere il secondo bicchiere; ma pensando che il visir non lo avrebbe riservato per sè se fosse stato pernicioso, e rammentando nello stesso tempo le ultime volontà della regina de’ serpenti, fece uno sforzo, e preso coraggio: — Ripongo la mia fiducia in Dio!» sclamò. Poi, aggiungendo: «In nome di Dio clemente e misericordioso!» votò la coppa sino all’ultima stilla. Nel medesimo istante Iddio gli aprì nel cuore la fonte della sapienza, ed arricchì a un tratto l’intelligenza sua di tutti i tesori della scienza, del che Giamaspe fu pieno di giubilo. Pose quindi la carne in un bacile di bronzo, ed uscì dalla casa del visir per recarsi al palazzo reale. Strada facendo, alzò gli occhi, e tutte le maraviglie del cielo si manifestarono a’ suoi sguardi; vide la via de’ pianeti; udì l’armonia delle sfere1, ed in un istante divenne l’abilissimo degli astronomi e degli astrologi, de’ geometri e de’ matematici. Poi, abbassati gli occhi verso la terra, che’aveva così spesso considerata con indifferenza, comprese il linguaggio delle piante e degli alberi che discorrevano insieme2. Ogni

  1. Secondo la mitologìa degli antichi Persiani, Anahid, genio femmina, che abita la stella del mattino, e presiede all’amore e dà la luce, dirige il cammino armonico degli astri col suono della sua lira, le cui corde sono formate dai raggi del sole.
  2. Il passo seguente della prefazione del sig. Garcin di Tassy, premessa alla sua traduzione degli uccelli ed i fiori, allegorie morali di Azz-Eddin-Elmecadessi, spiegherà ciò che deesi qui probabilmente intendere per linguaggio delle piante e degli alberi. «Azz-Eddin comincia dallo stabilire, che nulla v’ha nella natura