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terra appiè del trono, e sedè sur una sedia, che gli fu indicata dal visir, alla destra del re.

«Fu imbandito il pasto, e finito questo, e lavatesi tutti le mani, si tolse la mensa. Allora il visir si alzò, e preso per mano il giovane, lo condusse dal sultano, poi sollevò il velo che gli copriva il viso. — Fanne il servizio,» disse allora il visir, «di volgere la parola al re; ecco tutto ciò che si esige da te, e ti accorderemo quanta potrai desiderare.

«— So bene,» rispose Giamaspe, «d’essere il figlio di Daniele profeta di Dio; ma non per questo non sono meno, ve lo confesso francamente, un ignorante. In tutta la mia vita, ho studiato un solo mese; se in allora avessi acquistate bastanti cognizioni in medicina per guarire il re, lo farei senza esitare; ma confesso, con dolore, di non averne la più lieve nozione.

«— Non cercate di scusarvi,» ripigliò il visir; «sappiamo tutti che voi solo potete guarire il re. — Come mai?» chiese Giamaspe; «ditemelo. — Fu ordinato al re,» rispose il visir, «di bere il latte della regina de’ serpenti, e voi solo sapete dov’essa dimora.» Allorchè il giovane udì quelle parole, si pentì amaramente d’aver violato, entrando nel bagno, il giuramento. — Io non conosco la regina de’ serpenti,» replicò, «nè so dov’essa dimori. — Mentite,» sclamò il visir; «avete passato due anni presso di lei, e passo provarvelo all’istante. — E come? — Ecco una lettera statami testè consegnata, e dalla quale veggo che non solo avete passato due anni, dalla regina dei serpenti, ma ancora che violaste la promessa a lei fatta di non entrare nel bagno, e che da quel momento vi è diventato tutto nero il ventre. Mostratelo — Il ventre,» rispose Giamaspe, «io l’ho nero fin dalla nascita. — È falso,» disse il visir,«poichè so, da certi mamelucchi ch’io collocai nella sala del bagno, che nell’entrarvi avevate il ventre bianco; non è nero se non dopo il vostro ritorno. —