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i legnaiuoli. — Son essi appunto,» rispose la madre, «che ci avevano recata la nuova ch’eri stato divorato da una tigre. Ora sono ricchi mercatanti, e fanno grandi affari. — Madre,» disse Giamaspe, «domani andrete ad annunziar loro il mio ritorno, e li inviterete a venirmi a trovare.» Non rimasero poco sbalorditi i legnaiuoli udendo tale notizia, e cangiando di colore, fecero un ricco dono alla donna, promettendole di recarsi da lei il giorno appresso.

Radunaronsi subito per concertarsi tra loro intorno ai mezzi di riparare l’ingiustizia, della quale si erano resi rei verso il giovane, e convennero di dargli ciascheduno la metà di quanto possedeva in mamelucchi, schiave e merci. Recaronsi dunque da lui per offerirgli quei presenti e pregarlo a dimenticare il loro fallo, e Giamaspe lo promise. Poscia lo invitarono ad andar seco al bagno. — No,» risposagli, «ho fatto voto di non andarvi mai. — Verrete almeno a pranzo con noi,» ripresero. Egli accettò l’invito.

«Sette giorni passarono così in festa, ora da un negoziante, ora dall’altro; Giamaspe anch’egli dedicossi al commercio, e conduceva amenissima vita.

«Un giorno, andato a passeggiare fuor della città, Giamaspe incontrò uno de’ suoi antichi amici, padrone d’uno stabilimento di bagni pubblici, davanti la cui porta appunto si trovavano; i due amici si abbracciarono, dimostrandosi reciprocamente il piacere di rivedersi. — Entrate,» disse il compagno; «voglio trattarvi alla mia guisa; so che fostè sempre dilettante di bagni. — No,» rispose Giamaspe,«ho giurato di non più prenderne, — Ve ne supplico in nome della nostra antica amicizia,» riprese l’altro; «fatemi il piacere di entrare. — Amico,» disse Giamaspe, «non esponetemi alla tentazione; rendereste orfani i miei figli, e me medesimo infelice e