Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/426


16


«Parecchi giorni passarono in banchetti ed allegrezze; infine Scems fu la prima ad impegnare lo sposo a tornar in patria, affinchè la loro unione vi fosse celebrata con tutta la pompa. Giansciah consultò lo sceik, e gli chiese se dovesse rendere a Scems le vesti. Il vecchio vi aderì, e Scems rivestì il suo abito di penne di colomba. — Adesso,» disse allo sposo, «mettiti sulle mie spalle e stavvi ben saldo, poichè siamo per intraprendere un gran viaggio per l'aria.» Lo sceik Nassr segnò loro la strada, da seguire per giungere a Kabul, e Scems accommiatossi dalle sorelle, pregandole a giustificarla presso a’ genitori, e portando il suo diletto Giansciah, sollevossi nell’aria colla rapidità del lampo.

«Volando così per un giorno intiero, Scems scoprì una valle coperta di verdi boschetti e bagnata da molti ruscelli. — Bramate passar qui la notte?» chiese a Giansciah. — Come volete,» rispostegli. Abbassò Scems il volo, il principe scese a terra, baciò la fronte alla sua cara, e sedè sul margine d’un ruscello. Mangiate alcune frutta, addormentaronsi sotto un albero, e continuarono il viaggio la mattina appresso. Volava Scems da circa sei ore, allorchè, guardando sulla carta datale dallo sceik Nassr per dirigersi, si avvide che non erano molto lontani da Kabul. — Sai tu, mio caro,» disse allo sposo, «quanta strada abbiam fatta da ieri? — È impossibile ch’io io sappia,» rispose il principe, «poichè tu voli colla velocità del fulmine. — Ebbene!» ripigliò essa; «abbiamo percorso uno spazio che di solito esige trenta mesi di cammino. — Lode a Dio!» sclamò Giansciah; «ora possiamo riposare alquanto dalie fatiche del nostro viaggio.» Discorrevano così, quando d’un tratto videro due mamelucchi, uno de’ quali era precisamente quel medesimo da lui lasciato sulla spiaggia del mare a custodire il cavallo/allorchè, nell’ardor della caccia, era balzato