Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/421


11


trono sul quale sedea di solito Salomone per dare udienza agli animali. Il suolo era diviso in diverse aiuole di fiori esalanti i più soavi profumi, stando le rose, i gigli, le viole, i gelsomini ed i narcisi disposti con deliziosa varietà. I frutti più squisiti invitavano la mano a coglierli, ed un balsamico zeffiro scherzava tra le fronde. I viali erano coperti di smeraldi e diamanti in vece d’arena; talchè Giansciah rimase estatico all’aspetto di tante meraviglie, e volti da tutte le parti gli sguardi sorpresi, sedette sul trono di rubino, sotto al padiglione di raso, ed il più dolce sonno venne a chiudergli le palpebre.

«Erasi destato da alcuni istanti, allorchè vide inoltrarsi tre colombe verso la vasca. Cominciarono quelle a spogliarsi per mettersi nel bagno; ma, o maraviglia! allorchè ebbersi levate le penne, apparvero tre leggiadrissime giovani. Dopo essersi bagnate, si misero a scherzare, facendo nel giardino mille giuochi dilettevoli. Giansciah volse loro alcune parole lusinghiere, e domandò cosa facessero in quei luoghi. — Siam qui soltanto per divertirci,» rispose la più giovane. — : Ah! ve ne scongiuro, abbiate compassione di me,» soggiunse il giovane, che inebbriavasi d’amore nei suoi begli occhi, «volgete su di me uno sguardo favorevole. — Favorite,» rispose la giovinetta, «di non tenerci simili discorsi, altrimenti ritiratevi dalla nostra presenza.» Quelle dure parole afflissero assai Giansciah, che nel suo dolore improvvisò questi versi:


«Ho incontrato nel giardino, in mezzo ai fiori, una giovinetta, la cui bella chioma svolazzava con portentosa grazia.

«Le domandai del nome e mi rispose: — Io son quella che in carboni ardenti brucio i cuori di chi l’ama.

«Acceso ratto d'amore, mi volsi a lei esalando lamentevoli gemiti. — Vuoi, mi diss’ella, intenerire una roccia insensibile?