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ancora lontano dalla montagna di Kaf; ma se avrete la pazienza di attendere alcuni giorni, vi prometto che tornerete a casa. Gli uccelli adunansi qui una volta l'anno, in parte per celebrare la memoria dei giorni che v’hanno passati al tempo di Salomone, in parte per rendermi omaggio come all’antico loro vicerè. La prima volta che torneranno, vi raccomanderò ad essi onde vi servano di guida per ricondurvi in patria. Intanto divertitevi in questo padiglione.» Giansciah seguì il consiglio, passando il tempo a bere e mangiare, e talvolta ad esaminare le tappezzerie del padiglione, tutte di penne. In fine, giunse il giorno, in cui gli uccelli solevano venir a visitare l’antica loro dimora e l’antico vicerè lo sceik Nassr (era il nome del vecchio), ed allora questi diede a Giansciah le chiavi di tutte le gabbie e gli appartenenti del padiglione, permettendogli di aprirli tutti, tranne uno solo, dove gli proibì d’entrare, sotto pena di essere severamente punito della sua disobbedienza.

«Giunsero in folla gli uccelli e baciarono le mani a Nassr. Giansciah visitò il padiglione da tutti i lati, aprì tutti i gabinetti e tutte le gabbie, e rimase lungo tempo davanti alla porta che il vecchio aveagli proibito d’aprire. Ma alla fine la curiosità la vinse, aprì la porta chiusa con chiavistello d’oro, ed entrò nell’appartamento misterioso. Colà vide un’ampia vasca di marmo piena d’acqua, e pressò a quella un picciolo padiglione d’oro e d’argento, ornato di pietre preziose d’immenso pregio. In mezzo vedeasi una fontana contornata da animali d’oro e d’argento, che facevano spruzzare l’acqua da tutte le parti. Inoltre, l’acqua cadeva con rumore sì maraviglioso, che credevasi udir la voce di ciascuno di quegli animali. Vicino allo zampillo, innalzavasi il trono d’un sol rubino, ombreggiato da un padiglione di raso rosso,