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sollazzo. — Adesso.» soggiunsero, «e noi vi riconosclamo per nostro re; bevete e mangiate a piacimento: noi siamo vostri fedeli sudditi.» Giansciah le congedò e coricossi tenendo presso di sè i tre eunuchi. La mattina seguente, quattro ministri scimiotti vennero, all’alzarsi del nuovo loro re, ad invitarlo ad andar a passare in rassegna l’esercito, conducendogli grossi cani, imbrigliati con catene d’acciaio, che servivano di cavalli. Giansciah ed i mamelucchi vi salirono, avviandosi verso la spiaggia dove aveano lasciato il battello; ma questo era sparito, e chiesto dal giovane alle scimie cosa ne fosse avvenuto: — Non ne sappiamo nulla,» risposero; «e poichè siete nostro re, lo sarete sempre, siavi no il battello. Non vorrete senza dubbio abbandonare i vostri fedeli sudditi? — Armiamoci di pazienza!» disse il giovane, volgendosi ai mamelucchi. Continuarono pertanto la strada, e giunsero appiè d’un’alta montagna abitata dai gul, — Che veggo io là?» chiese Giansciah. — Sono i mortali nostri nemici,» risposero le scimie, «e vi abbiamo qui condotto per combatterli. —

«Giansciah rimase colpito di maraviglia all’aspetto di quelle strane figure, che offerivano uno stravagante miscuglio di membra di camelli, cavalli e tori. Appena i gul ebbero vedute le scimie, scesero dal monte, e si misero a scagliar loro contro certe pietruzze taglientissime. In breve la battaglia divenne generale. Giansciah ordinò a’suoi mamelucchi di votare i turcassi, il che produsse il miglior effetto; parte dei gul caddero sotto una tempesta di frecce; il resto prese la fuga nel massimo disordine. Giansciah li inseguì; ma trovossi d’improvviso arrestato da una gran tavola di marmo sulla quale stava un’iscrizione; avendo sempre avuto passione di leggere le iscrizioni, gli fu impossibile di passar oltre