Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/413


3


I tre mamelucchi, dopo aver vagato a destra ed a sinistra senza trovar nulla, giunsero infine in mezzo all’isola, dove ergevasi un palazzo di marmo bianco, con padiglioni di cristallo. In mezzo al palazzo si trovava un magnifico giardino, in questo giardino un lago, e sulla sponda del lago um superbo padiglione, ov’eravi un gran numero di sedie disposte intorno ad un trono d’oro, adorno di gioie del massimo valore. I mamelucchi non videro alcuno, e ricercando invano da tutte le parti, tornarono a dirlo al principe, il quale, balzato a terra nel medesimo istante, seguì i mamelucchi, che ripigliarono la via del palazzo.

«Sinché durò il giorno, passeggiarono pel giardino; venuta la sera, entrarono nel padiglione, sedendo i mamelucchi sui sedili, mentre il principe andò a collocarsi sul trono, cosa che gli ricordò il soglio, perduto forse per sempre, e pensando eziandio ai suoi genitori, si mise a piangere, ed i suoi schiavi con lui. D’improvviso, li percosse di terrore un alto rombo che veniva dalla parte del mare; poco dopo scopersero una moltitudine di scimie che si dispersero da tutti i lati, perchè l’isola, come anche il giardino ed il padiglione, loro appartenevano. Il principe ed i suoi compagni n’ebbero grande spavento, ma si dissipò in breve allorché videro che le scimie, lungi dal cercar di nuocere loro, vennero a gettarsi appiè del principe onde prestargli omaggio. Occupatesi poi della cucina, portarono in istoviglie d’oro e d’argento la cena, e Giansciah ed i compagni si posero a tavola colle scimie. Levate le mense e recitata la preghiera, Giansciah si volse verso le bestie, che offrivano uno spettacolo singolarissimo, e chiese loro a chi appartenesse quell’isola. Risposero che un tempo apparteneva al re Salomone, il quale veniva una volta l’anno a passarvi alcuni giorni di