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feriva la facoltà di conchiudere in suo nome il matrimonio, e ch’era seguito da riflessioni politiche intorno al vantaggio risultante dalla futura riunione delle due corone sopra una sola testa, poichè il re di Khorassan non aveva altri eredi fuor della principessa.

«La grande ambasciata si posegli via, ed il rumore in breve ne pervenne alla corte di Bahrevan, il quale le mandò incontro una schiera di cavalieri con ogni sorta di vittovaglie e di rinfreschi. Giunta l’ambasciata, di Tigmos, Behrevan l’accolse coi massimi onori, e sollecitossi a consultare la madre e la nutrice su quell’importante affare di stato. — Fate quello che v’aggrada,» gli dissero queste. Il re rimase soddisfattissimo della risposta, e per due mesi intieri trattò magnificamente l’ambasciata con tutto il seguito. Scorso il qual termine, raduno i savi ed i grandi dell’impero per assistere agli sponsali della figliuola, celebrandosene le nozze due altri mesi dopo nella capitale di mio padre. A capo di nove mesi, la regina mise alla luce un figlio, che non è certo bisogno di dirvi esser io. Gli astrologi ed i magi furono di nuovo chiamati, ed unanimemente dichiararono che il fanciullo correrebbe gravi pericoli quando fosse giunto all’età di quindici anni, nè poterono dire se, eviterebbe quei perigli, affermando soltanto che se ne trionfasse, diverrebbe un monarca grande e possente quanto il genitore. Il re fece dare a suo figlio, che chiamò Giansciah, un’ottima educazione, ed all’età di sette anni, Behrevan lo fece istruire nelle scienze, nell’arte di cavalcare ed in tutti gli esercizi del corpo, dimodoche pel suo valore fu in breve annoverato nell’ordine de’ bravi.»


Fine del settimo volume.